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Graziella Bragaglio: “Non solo Leonessa. I miei figli mi chiamano signorina Rottenmeier”

Nell’edizione di mercoledì 23 gennaio, La Gazzetta dello Sport ha pubblicato un’intervista a Graziella Bragaglio, presidente di Basket Brescia Leonessa. L’intervista, realizzata da Vincenzo Di Schiavi, è stata realizzata a pochi giorni dalla sfida con la Grissin Bon Reggio Emilia dell’altra presidentessa della Serie A, Maria Licia Ferrarini


La sfida in rosa, domenica a Reggio Emilia, strappa un sorriso a Graziella Bragaglio, presidente di Brescia, carica fors’anche riduttiva per una donna che è diventata il cuore pulsante del basket bresciano. Con le sue mille iniziative ha rilanciato una piazza storica ed è pure in prima linea nelle stanze della Legabasket dove si coltivano i destini della nostra pallacanestro. Quello di domenica intanto sarà il quinto confronto tra le due first lady: Bragaglio è avanti 3-1.

Conosce Maria Licia Ferrarini?
“Ci siamo incrociate solo una volta a Reggio Emilia, ma non abbiamo ancora approfondito . Questa è l’occasione per conoscerci più a fondo. Mi pare segua il progetto Reggio Emilia con grande passione e trasporto. Reggio viene da stagioni importanti, quest’anno è partita con qualche difficoltà, ma sta risalendo”.

I vostri club hanno tanti punti in comune
“È vero, siamo ai vertici per quanto riguarda l’utilizzo degli italiani. Entrambi i club sono partiti dal basso puntando su coach che per anni hanno sposato il progetto, anche se loro adesso hanno fatto scelte diverse. Sì, ci assomigliamo”.

A proposito degli italiani, resta quella la strada maestra?
“Noi ci crediamo. Abbiamo rinnovato per quattro anni con Luca Vitali e continuiamo a coltivare gli italiani, anche se il processo di costruzione di un atleta richiede tanto tempo. Cerchiamo di ritagliare spazio ai nostri ragazzi che però, essendo in numero limitato, hanno un valore limitato. Comunque, per ora, la linea portate rimane quella”.

Pare un po’ dubbiosa…
“No, non lo sono, ma noto che gli stranieri hanno più fame, più energia, più voglia di emergere. I nostri, se li estirpi delle proprie radici proponendo loro sfide di alto livello, fanno più fatica”.

Il basket visto dalle donne. Cosa le piace della nostra pallacanestro e cosa no?
“Il basket è immediato, spettacolare e sprigiona entusiasmo. O meglio, crea passione. Seguo anche la pallanuoto perché Brescia ha una squadra importante, ma l’effetto che fa la pallacanestro anche sui profani è inarrivabile. Gradisco meno le difficoltà che un imprenditore trova quando investe in questa disciplina. Siamo uno sport professionistico come il calcio, ma tale parificazione non rispecchia la realtà. Il ritorno economico è modesto, quello che mi muove è una grande passione e la voglia di fare qualcosa per il nostro territorio”.

Venendo alla sua Brescia. È questo l’anno più difficile della sua reggenza
“Non direi. È stato più ostico quello in cui abbiamo vinto il campionato di A dilettanti perché abbiamo dovuto strutturare il club. Questa è una stagione complessa cominciata con aspettative elevatissime dopo la finale di Coppa Italia e i playoff della scorsa stagione”.

Senza Landry e Michele Vitali. Era previsto?
“Marcus ha fatto una scelta che comprendo. Michele da noi si è rilanciato per merito suo, ma anche nostro. Il rischio che potesse andare c’era. Alla fine abbiamo cambiato l’80% della squadra, l’avvio di stagione non è stato facile”.

L’eliminazione in EuroCup è stata la delusione di questo avvio di stagione?
“L’esperienza europea la rifarei domani perché a livello gestionale ha lasciato un’impronta importante. Certo, il doppio impegno ha condizionato i risultati e, soprattutto, il lavoro quotidiano. Quando siamo usciti dall’EuroCup abbiamo avuto più tempo per applicarci in palestra e gli effetti si sono subito visti. Abbiamo ritrovato la nostra identità, contro Varese ho rivisto la squadra dell’anno scorso. La grande amarezza riguarda invece il mancato accesso alla Coppa Italia. Ci sembra di aver lasciato qualcosa di incompiuto dopo la finale dell’anno scorso, ma ci riprenderemo, uno dei nostri pregi è la pazienza”.

C’è qualcosa che non rifarebbe in questa prima parte di stagione?
“Sì, prendere un giocatore con problematiche non solo fisiche e pensare che nel nostro sistema possa riprendersi come è successo ad altri in passato. Un errore che non commetterò più”.

Si riferisce per caso a Eric Mika?
“No comment”. Sorride

Anche con Andrea Diana c’è stato un momento di impasse
“Dettato più da interferenze esterne che interne. Lui è uno dei pilastri su cui abbiamo costruito un percorso che si è un po’ ingarbugliato. Ci siamo confrontati, ma non ho mai avuto l’idea di cambiare”.

Infine. È vero che si ispira a Cleopatra e Margaret Thatcher?
“I miei figli mi chiamano signorina Rottenmeier (la severa educatrice di Heidi, ndr). Per gestire un’attività lavorativa, una famiglia di 5 persone e un club di basket serve un po’ di polso…”