30 Apr 2019

Brescia Capitale. Quanti italiani per la Leonessa: “Se credi in loro poi ti ripagano”

Nell’edizione di martedì 30 aprile, La Gazzetta dello Sport ha pubblicato un’intervista a Sandro Santoro, General Manager di Basket Brescia Leonessa, e all’allenatore Andrea Diana. L’intervista, realizzata da Vincenzo Di Schiavi, è stata realizzata pochi giorni dopo l’ufficializzazione della classifica relativa alla valorizzazione dei giocatori italiani per la stagione sportiva 2018-2019, che ha visto Brescia occupare il primo posto


Leonessa tricolore. Quella che gli italiani li mette in campo per davvero. Brescia, dopo aver festeggiato i dieci anni di vita, si prende pure il premio per l’utilizzo dei giocatori autoctoni: 2766 minuti sui 5450 totali, pari al 50.7%. Un marchio di fabbrica del club di Graziella Bragaglio. Da sempre. E quest’anno più che mai. Cinque erano gli stranieri in avvio, con l’addio di Mika sono diventati quattro, poi l’infortunio di Cunningham li ha ridotti a tre. Rarità. Che fa rima con identità. Chiara, sbandierata, condivisa.

“Il credo del club si sposa con il mio modo di vedere la pallacanestro – spiega il coach Andrea Diana -. Partire da un gruppo solido con senso di appartenenza è la premessa ineludibile e gli italiani favoriscono questo percorso. È il nostro mantra dai tempi della promozione: i fratelli Vitali, poi Sacchetti l’anno scorso, Abass e gli altri quest’anno. Siamo orgogliosi di aver puntato su di loro e di averli valorizzati. Se lo responsabilizzi e gli dai fiducia il giocatore italiano sa come sdebitarsi. Qualcosa ti torna sempre indietro. Penso a Michele (Vitali, ndr) e Awudu: bravi a cogliere ogni occasione, grandi lavoratori in palestra. A volte il limite, e parlo in generale, è la richiesta di spazio. Alcuni ragazzi ritengono di riuscire ad esprimersi solo con un ampio minutaggio e invece bisogna imparare a resistere, soffrire. In questo un italiano fa più fatica rispetto a uno straniero”.

A Brescia, ormai la culla del made in Italy, il saldo però è in attivo come spiega Sandro Santoro, il general manager del club, il braccio operativo della famiglia Bonetti-Bragaglio: “Per noi investire sugli italiani è una questione di principio ma anche di budget. Da sempre cerchiamo di contribuire alla valorizzazione dei pochi che ci sono, detto che, per alzare il livello del campionato ne servirebbero molti di più. Ma è anche una questione di cassa. È vero che gli italiani di livello costano un po’ di più ma poi con la premialità si riesce a compensare e se ne coltivi la crescita poi è più facile creare un’identità di squadra che va al di là del vincere o perdere. In sostanza: se vuoi tutto e subito non è la strada giusta, se invece vuoi sviluppare un progetto sportivo che abbia una prospettiva, con gli italiani è più facile. La scelta degli stranieri è collegata a questa strategia. Tale impronta era e resta la filosofia della società e della proprietà. L’arrivo dei fratelli Vitali è stato il nostro spartiacque, poi abbiamo avuto la fortuna di essere stati scelti da Moss, straniero solo di passaporto: di fatto è come avere un italiano”.

Non c’è smania esterofila. Nemmeno quest’anno con il parco stranieri ridotto all’osso. “In realtà ci siamo guardati attorno – spiega Santoro -, poi la crescita di Zerini e la chimica che si andava creando ha smorzato il desiderio di inserire qualcuno. Nel girone di ritorno abbiamo vinto 8 partite su 14 lottando per i playoff fino alla fine e poi ci sono anche questioni di budget. Non siamo il club del mordi e fuggi, ci poniamo sempre il problema di come durare nel tempo, essere solidi, credibili e solvibili”.

Luca Vitali, Abass, Sacchetti, Zerini, Laquintana e Ceron. Andrea Diana racconta la Leonessa che profuma di azzurro. “Luca è arrivato da Cremona ed è cresciuto tantissimo. È una delle più grandi soddisfazioni, il percorso che ha fatto in questi anni ci riempie d’orgoglio. È un play vero, di quelli che pensano prima agli altri che a se stessi, mette tutti nelle condizioni di rendere e poi mi è stato di grande aiuto. Mi è piaciuto il rapporto che abbiamo creato. Abass lo abbiamo responsabilizzato, a Milano aveva un ruolo più defilato. Ha grande volontà e in testa l’obiettivo di competere ad alti livelli. Potenzialmente un giocatore da Eurolega che deve migliorare le letture, a volte è troppo istintivo. Sacchetti è il giocatore ideale per noi. Disponibile, sa coinvolgere gli altri e possiede una grande intelligenza cestistica. È duttile, copre più ruoli, un giocatore moderno”.

Dopo i big ecco le altre felici scoperte. “A Laquintana, l’anno al fianco di Vitali, è servito tantissimo – prosegue Diana -. Sono soddisfatto della sua evoluzione: deve migliorare il playmaking, ma ha mostrato cuore e istinto sorprendenti. Non ha paura di buttarsi, non teme il confronto con nessuno. Zerini invece veniva da una stagione non fortunata ad Avellino. Pur sapendo di avere uno spazio risicato, da quinto lungo, si è messo a disposizione. Il minutaggio se l’è guadagnato col sacrificio, la serietà, il lavoro, giocando anche da cinque. È stato il nostro Jolly”. Infine Ceron: “È stato molto sfortunato – conclude Diana -. Tra l’altro, nella partita contro Torino, quando si è fatto male, stava andando piuttosto bene. Ora deve operarsi di nuovo, speriamo di riaverlo prima possibile”.

L’esordio in Europa con le Top 16 di EuroCup sfumate all’ultima partita, il mancato accesso alla Coppa Italia e i playoff scivolati via al fotofinish. Brescia si aspettava di più questa stagione dopo i bagliori di un anno fa, ma le rifondazioni, quando scavano in profondità, richiedono tempo per assestarsi. Insomma, che voto dare alla stagione? Diana e Santoro sono sulla stessa lunghezza.

“Direi un 6 – spiega il coach della Germani -. Non abbiamo raggiunto gli obiettivi ma a livello di esperienza è stata più utile questa annata di quella precedente. La coppa europea, un gruppo nuovo e gli infortuni: forse abbiamo trovato i giri giusti un po’ tardi. Abbiamo pagato il girone di andata con sole 6 vittorie, poi il gruppo si è compattato ed è cresciuto parecchio sfiorando i playoff scudetto. Da lì bisogna ripartire”.

“Sì, – aggiunge Santoro – la sufficienza ci sta. Abbiamo perso, nostro malgrado, due giocatori come Michele Vitali e Landry. Hamilton ha cercato di sostituire quest’ultimo che per noi era fondamentale e poi abbiamo rilanciato Abass. In alcuni frangenti non siamo stati fortunati, in altri emergono demeriti nostri. Top 16 e playoff scudetto: siamo sempre arrivati a un passo dalla meta, i risultati non sono soddisfacenti rispetto alle attese, ma nella seconda parte di stagione abbiamo anche dimostrato che questa squadra ha le qualità per crescere e ripartire”.

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