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Giornale di Brescia – Sandro Dell’Agnello si specchia nella Centrale

Guardare lo specchio e vedere riflesso qualcosa che non sei tu, ma senti che ti appartiene, è quello che è successo a Sandro Dell’Agnello venerdì scorso quando ha deciso di seguire dal vivo il big match di A2 Gold Tezenis Verona-Centrale del latte. Sulla panchina biancoazzura c’erano i suoi vice e il suo preparatore atletico ai tempi bresciani: Andrea Diana, ora capo allenatore, Max Giannoni, il secondo tecnico, e Massimo Di Giovanni, il preparatore atletico. Una nidiata di livornesi doc come «Sandrokan», colui che rimarrà nella storia come l’uomo che ha riportato il Basket Brescia in A2 a diciannove anni di distanza. Nella sua casa di Bologna il coach è costretto a guardare la palla a spicchi da un oblò, dopo l’esonero di Pesaro che l’ha ferito «prima di tutto perché inaspettato». Che in certi casi fa rima con immeritato. Sandro Dell’Agnello, come ha visto la Centrale a Verona? «Quest’anno non ho visto molto la seconda Lega e mi spiace aver assistito a una sconfitta di Brescia, ma nello scontro con la squadra di gran lunga più forte del campionato, perché questo è Verona, ho visto una buona, buonissima Centrale e questo significa che il gap è colmabile». Già in un’eventuale finale di Coppa Italia tra due settimane oppure almeno entro i play off? «L’esperienza che ha Verona non si colma in poche settimane, ma siccome non ho visto una differenza così marcata tra le due squadre in un play off al meglio delle cinque partite Brescia può anche ribaltare il pronostico. Diverso è il discorso in serie A dove Milano è di gran lunga più forte delle altre e al meglio delle sette gare è sempre la favorita per la vittoria dello scudetto». Giocatori di Brescia che l’hanno colpita nel match di venerdì scorso? «Sicuramente Cittadini. A 35 anni vive una seconda giovinezza e sotto le plance riesce ancora ad essere dominante. Aveva contro un pivot con i controfiocchi come Monroe, ma non ha affatto sfigurato. Pensate che nella notte dei tempi, a Reggio Emilia, abbiamo anche fatto in tempo a giocare insieme: io stavo finendo, lui iniziava. Me lo ricordo come un bravissimo ragazzo oltre che come un ottimo giocatore. Poi mi piace Fernandez anche se a Verona non ha potuto brillare per un ginocchio malconcio e per via del fatto che contro aveva De Ni-colao, un’atleta che in A2 Gold non ha eguali per velocità di mani, gambe e pensiero». E che effetto le ha fatto vedere in panchina Diana, Giannoni e Di Giovanni? «Sono stati il mio staff sia a Livorno che a Brescia, ci ho lavorato dai due ai quattro anni. Andrea sta facendo un lavoro strepitoso: per essere al primo anno è riuscito già ad andare oltre più ogni rosea previsione. Ci sentiamo spesso e quest’estate mi ha consultato prima di prendere Cittadini, gli ho detto di andare sul sicuro e mi fa piacere che ci abbiamo preso. A lui e agli altri ho la presunzione di aver lasciato qualcosa visto che siamo rimasti insieme per parecchio tempo». Cosa in particolare pensa di aver trasmesso? «Un metodo, una linea da seguire. La si traccia idealmente su un foglio e poi la si segue fino in fondo perché questo bisogna fare negli sport di squadra, altrimenti si fa quelli individuali. Essendo stato giocatore per 25 anni so che chi fa quel mestiere tende ad intrufolarsi in qualche buco e sta all’allenatore farglielo trovare chiuso. Risolvere un piccolo problema aiuta a non averne uno più grande. Ricordo ancora con affetto il campionato vinto da voi. Presi una squadra in grossa difficoltà, ma dominammo il finale di stagione. Riprenderei tutti quei giocatori: fantastici».

Cristiano Tognoli